Madama Butterfly seduce pure 110 anni dopo (Bresciaoggi.it)

Sul velario il dipinto giapponese di una geisha che legge una lettera, anticipazione di ciò che avverrà tra poco in scena al teatro Grande. È la Madama Butterfly che apre la stagione lirica, nell'attesissima edizione che 110 anni fa vide finalmente il trionfo di Puccini, proprio a Brescia, solo pochi mesi dopo il disastro scaligero.
La scena di Pierpaolo Bisleri è semplice, ma efficace. Un grande ramo di ciliegio spunta da sinistra mentre alcune figure femminili in variopinto kimono e ombrellino anticipano l'atmosfera di festa del matrimonio tra la giovanissima Cio Cio San e l'ufficiale americano Pinkerton. Quest'ultimo è interpretato da Giuseppe Varano, che con Domenico Balzani dà vita alla «tragedia giapponese»: bello il timbro del tenore Varano, purtroppo a volte sovrastato dalla potenza dell'orchestra, che peraltro Puccini prevede particolarmente robusta, e bravo anche Sharpless di Domenico Balzani, del quale la regìa di Giulio Ciabatti ha ben disegnato il nobile carattere. Particolarmente apprezzato il Goro di Saverio Pugliese, per la spiccata teatralità, ma anche per la voce d'ottima qualità.
Un successo personale, in questa Madama Butterfly, è colto anche dallo Zio Bonzo di Manrico Signorini, che piomba in scena a guastare la festa di Cio Cio San in fiammeggiante costume rosso come le due bandiere fissate alla cintura, con tre scherani armati di katane da duello samurai. E sicuramente bravo anche Antonio Barbagallo, come Principe Yamadori accompagnato da due militari giapponesi. Kate Pinkerton, interpretata da Annalisa Sprovieri, ha avuto una parte leggermente più ampia del solito, grazie appunto alla versione del 1904.
UNA PARTICOLARE CURA è stata dedicata ai simboli della cultura giapponese, come ad esempio per il rosso Torii, la grande porta che di solito annuncia un luogo sacro. E assiste, appunto, al sacrificio finale della Butterfly, che si uccide squarciandosi la gola con un lungo pugnale.
Tante le efficaci idee della regìa di Giulio Ciabatti. Come le lucciole che punteggiano la notte d'amore tra i due sposini. Senza dimenticare il viandante che attraversa la scena come una sorta di muto spettatore di eventi ineluttabili.
Per quanto riguarda la parte strettamente musicale, Giampaolo Bisanti si conferma in questa prestigiosa circostanza un ottimo direttore alla guida di un'orchestra che a volte esagera un po' nei fiati, ma al tirar delle somme riesce ad ottenere un risultato complessivo veramente buono. Delicato ed efficace appare il coro a bocca chiusa. E molto interessanti sono gli «inserti» ripristinati per l'occasione, che il pubblico certo avrà trovato «politicamente scorretti» e con un crudo razzismo di fondo chiaramente percepibile, ma che in fondo rappresentano il portato dell'epoca. E in questo senso assumono un significato forte.
Per ultime, ma solo in ordine descrittivo, meritano una menzione le protagoniste femminili. Dulcis in fundo, a loro va una lode particolare: bravissima Cellia Costea, bella voce, ottima presenza scenica, vera dominatrice della serata e non solo nell'acclamatissimo «Un bel dì vedremo», accanto ad una Giovanna Lanza perfetta come Suzuki, ruolo che ripropone con la splendida teatralità per cui è conosciuta e apprezzata da tempo.
Applausi per tutti. E meritatissimi. Un successo strepitoso per una Madama Butterfly che 110 anni dopo sa ancora conquistare. Domani pomeriggio si replica, a teatro Grande esaurito.
Luigi Fertonani